Ho trovato una frase estrapolata da “L’ombra e la grazia” (opera che non ho letto) di Simone Weil che dice:
L’attaccamento è fabbricatore di illusioni; chi vuole il reale deve essere distaccato.
Certo, una di quelle frasi che non ammettono ne i se ne i ma, ma che comunque è riuscita a farmi riflettere su alcuni comportamenti che ho tenuto e che tuttora tengo nell’ambito delle relazioni interpersonali, ma anche in occasioni di scelte professionali oppure di certi periodi molto introspettivi nei quali cerco di guardare in fondo a quello che ritengo essere la mia anima.
L’essere distaccato. Il mantenere il distacco.
Spesso, e magari erroneamente, l’avrei descritto come l’incapacità ad amare o ad essere amato (ed era un peso spesso difficilmente sostenibile), di essere un egoista egocentrico, si, magari di essere molto freddo...
E questa descrizione risultava essere di non poco conto, dato che non capitava di rado che mi sentissi in colpa per questo aspetto. Nei miei e nei confronti degli altri.
Non ne sono sicuro, ma credo che il mio essere distaccato mi abbia invece aiutato molto ad essere quello che sono e del quale non sono nemmeno così insoddisfatto. È il distacco che mi mi permette di non focalizzare le mie energie su una figura di padre che non c’è più e permette che giorno dopo giorno io riesca ad avvicinarmi ad una figura di uomo e magari un giorno di padre senza timori ne imbarazzo. Lo stesso vale per i miei a dir poco contorti rapporti con l’universo femminile. Sarà proprio questa mia caratteristica a fare in modo che alla fine ne rimarra solo una, alla quale consegnare tutta la mia vita e della quale vita io voglio assumermi la responsabilità.
Si, questa frase mi ha fatto fare un ulteriore passo. Non mi assicura che sia sulla strada giusta, ma quello poco importa...
l’importante è esserci per strada, non c’è dubbio...
What can i say, it`s...

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My big mouth (Lp: Be here now), Oasis